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Diabete di tipo 1, buoni risultati sulla glicemia di tre dosaggi di empagliflozin in aggiunta a insulina

Pubblicata il 23 lug 2018

Diabete di tipo 1, buoni risultati sulla glicemia di tre dosaggi di empagliflozin in aggiunta a insulina

Nei pazienti con diabete di tipo 1, l’inibitore del co-trasportatore sodio glucosio di tipo 2 empagliflozin, in aggiunta alla terapia insulinica, ha ridotto l’emoglobina glicata dopo 26 settimane di trattamento.

Sono i risultati di due studi clinici di Fase III del programma clinico EASE, che ha valutato l’efficacia e la sicurezza di tre diverse dosi di empagliflozin nel diabete di tipo 1.

L’endpoint primario d’efficacia, definito in entrambi gli studi come la variazione corretta per placebo, rispetto al basale, del valore dell’emoglobina glicata (HbA1c), è stato raggiunto per tutti i dosaggi valutati di empagliflozin (2,5, 10 e 25 mg) dopo 26 settimane di terapia.

Il diabete di tipo 1 attualmente riguarda 1,3 milioni di adulti negli Stati Uniti e circa 30 milioni nel mondo. E’ una patologia autoimmune in cui l’organismo non produce quantità sufficienti di insulina, che deve quindi essere somministrata quotidianamente e per tutta la vita al fine di mantenere la glicemia sotto controllo. In alcuni soggetti però l’impiego della sola insulina non è sufficiente a garantire un adeguato controllo glicemico.
Chi ne è affetto può andare incontro al rischio di complicanze, come perdita della vista, cardiopatia, nefropatia e amputazioni degli arti inferiori.

Il programma clinico EASE
EASE (Empagliflozin as Adjunctive to inSulin thErapy) comprende due studi clinici multinazionali di Fase III, in doppio cieco, controllati con placebo, che hanno valutato efficacia, sicurezza e tollerabilità di empagliflozin in monosomministrazione giornaliera in aggiunta alla terapia con insulina in pazienti adulti con diabete di tipo 1, un’indicazione per la quale al momento empagliflozin non è ancora approvato.

Lo studio EASE-2 ha valutato su 720 pazienti empagliflozin ai dosaggi 10 mg e 25 mg in aggiunta a insulina, rispetto a placebo, per 52 settimane. L’endpoint primario era la variazione di HbA1c rispetto al basale dopo 26 settimane di trattamento.

Lo studio EASE-3 ha confrontato in 960 pazienti i dosaggi di empagliflozin 10 mg e 25 mg in aggiunta a insulina, rispetto a placebo, per 26 settimane. Ha inoltre valutato un dosaggio più basso di empagliflozin (2,5 mg)

In entrambi gli studi, il profilo di sicurezza è risultato generalmente in linea con quello precedentemente riferito per empagliflozin. Il numero di eventi di chetoacidosi diabetica con la dose di 2,5 mg è stato sovrapponibile al placebo, mentre si è dimostrato superiore con i dosaggi 10 e 25 mg.

I risultati completi del programma EASE verranno presentati al prossimo congresso dell’European Association for the Study of Diabetes (EASD), a Berlino, il prossimo ottobre.

Avete sentito parlare di questo programma? Cosa ne pensate? Vi ringrazio in anticipo 

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