Intervista di esperto: Scoprire la neuropsicologia (2/3)
Pubblicata il 23 mar 2020 • Aggiornato il 30 giu 2020 • Da Andrea Barcia
Timothée Albasser è neuropsicologo presso l'ospedale Hautepierre di Strasburgo in Francia. Rivela i segreti della malattia di Alzheimer: criteri diagnostici, fattori di rischio, trattamenti...
Buongiorno Timothée, grazie per aver accettato di rispondere alle nostre domande. Cos'è l'Alzheimer e come evolve?
La malattia di Alzheimer, descritta nel 1907 da Alois Alzheimer, rappresenta la grande maggioranza dei casi di demenza dopo i 65 anni. Inizia insidiosamente con problemi di memoria degli eventi recenti e un disorientamento nel tempo e nello spazio. La progressione è graduale, nell'arco di otto-dieci anni, con una progressiva accentuazione dei deficit cognitivi (memoria, linguaggio, gestualità, disturbi di riconoscimento, funzioni intellettuali) e dei disturbi dell'umore e del comportamento. Il paziente perde ogni autonomia e la morte avviene a causa di complicazioni infettive o vascolari.
Con così tanti sintomi diversi, come viene diagnosticata la malattia di Alzheimer?
La malattia di Alzheimer è la causa più comune di demenza negli anziani. È caratterizzata dalla presenza di lesioni: placche amiloidi (un'aggiunta della proteina A-Beta) e degenerazione neurofibrillare (accumulo di filamenti patologici nel corpo cellulare; indicatore di morte neuronale, proteina Tau), che costituiscono i residui di questo processo patologico. I criteri diagnostici clinici più comunemente usati sono quelli descritti nel DSM-IV-TR (Guelfi, 2003). Essi pongono un'alterazione della memoria antegrada e retrograda al centro dei disturbi cognitivi presenti nella malattia.
Criteri diagnostici per la demenza tipo Alzheimer, DSM-IV-TR
A. Comparsa di deficit cognitivi multipli come evidenziati simultaneamente:
- Deterioramento della memoria (deterioramento della capacità di apprendere nuove informazioni o di ricordare informazioni apprese in precedenza);
- Una (o più) delle seguenti distorsioni cognitive:
- Afasia (deficit del linguaggio)
- Aprassia (deterioramento della capacità di fare attività motoria nonostante le funzioni motorie intatte)
- Agnosia (incapacità di riconoscere o identificare gli oggetti nonostante le funzioni sensoriali intatte)
- Deterioramento delle funzioni esecutive (progettazione, organizzazione, gestione del tempo, pensiero astratto)
B. I deficit cognitivi dei criteri A1 e A2 causano un significativo deterioramento del funzionamento sociale o professionale e rappresentano una significativa diminuzione del precedente livello di funzionamento.
C. L'evoluzione è caratterizzata da un inizio progressivo e da un continuo declino cognitivo.
D. I deficit cognitivi nei criteri A1 e A2 non sono dovuti a:
- Altre condizioni del sistema nervoso centrale che possono portare a deficit progressivi della memoria e del funzionamento cognitivo (ad esempio, malattie cerebrovascolari, morbo di Parkinson, malattia di Huntington, ematoma subdurale, idrocefalo a pressione normale, tumore al cervello);
- Condizioni generali che possono portare a demenza (ad esempio, ipotiroidismo, carenza di vitamina B12 o di folati, pellagra, ipercalcemia, neurosifilide, infezione da HIV);
- Condizioni indotte da sostanze.
E. I deficit non si verificano esclusivamente nel corso di una sindrome da confusione.
F. Il disturbo non si spiega soltanto con un disturbo dell'Asse I (ad esempio, disturbo depressivo maggiore, schizofrenia).
Questa codifica si basa sulla presenza o sull'assenza di un disturbo comportamentale clinicamente significativo:
- - Nessun disturbo comportamentale: se il deterioramento cognitivo non è accompagnato da un disturbo comportamentale clinicamente significativo.
- - Con disturbo comportamentale: se il deterioramento cognitivo è accompagnato da un disturbo clinicamente significativo (ad esempio, vagabondaggio, agitazione) nel comportamento.
Infine, è necessario specificare i sottotipi:
- - Inizio anticipato: se l'inizio è ai 65 anni o prima
- - Inizio tardivo: se l'insorgenza è dopo i 65 anni di età
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