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Diabete di tipo 2, efficacia della terapia combinata exenatide più dapagliflozin si mantiene anche nel lungo periodo

Pubblicata il 23 lug 2018

Diabete di tipo 2, efficacia della terapia combinata exenatide più dapagliflozin si mantiene anche nel lungo periodo

Nel trattamento a lungo termine del diabete di tipo 2, la terapia combinata con l’agonista del recettore GLP-1 exenatide più l’inibitore del co-trasportatore sodio glucosio di tipo 2 (SGLT-2) dapagliflozin, si è dimostrata efficace nel mantenere la riduzione dei livelli di emoglobina glicata in aggiunta a metformina.

I risultati di uno studio di estensione a lungo termine sono stati presentati al congresso dell’American Diabetes Association che si è tenuto a Orlando, Florida.

Nel trial clinico di Fase III DURATION-8, la riduzione di HbA1c con exenatide una volta alla settimana più dapagliflozin una volta al giorno è stata mantenuta per le tutta la durata dello studio, secondo Serge Jabbour, della Thomas Jefferson University di Filadelfia e colleghi.

«Il mantenimento degli effetti osservati in questa analisi non è stato inaspettato, considerato il profilo dei singoli farmaci», ha spiegato Jabbour. «Studi a lungo termine su exenatide una volta a settimana hanno dimostrato un miglioramento glicemico prolungato, riduzione del peso e marcatori del rischio cardiovascolare migliorati, anche fino a 7 anni di trattamento. Una durata simile è stata osservata negli studi a lungo termine con dapagliflozin in pazienti con diabete di tipo 2».

Uno studio di due anni
Si tratta dell’estensione a lungo termine di un precedente studio della durata di 28 settimane e in 431 hanno completato le 104 settimane di trattamento. Al basale, tutti i partecipanti presentavano una HBA1c dell'8% o superiore e assumevano almeno 1.500 mg/die di metformina.

Il gruppo di trattamento combinato ha ricevuto 2 mg di exenatide iniettabile settimanale per via sottocutanea e una compressa orale giornaliera da 10 mg di dapagliflozin in aggiunta alla metformina, e le stesse dosi sono state mantenute nei gruppo solo-exenatide e solo-dapagliflozin. L'insulina basale era consentita come terapia di salvataggio, se necessario.

Rispetto alle monoterapie con exenatide o dapagliflozin, il trattamento di associazione ha mostrato una riduzione media della percentuale di HBA1c significativamente più bassa rispetto al basale dopo 104 settimane (p<0,01): exenatide più dapagliflozin: -1,7 punti percentuali, exenatide da solo: -1,29 punti percentuali, dapagliflozin da solo: -1,06 punti percentuali.

Dopo due anni sono stati mantenuti anche numerosi altri indicatori clinici di efficacia per il controllo della glicemia. La terapia combinata ha comportato miglioramenti significativi dei livelli di glucosio plasmatico a digiuno (-49 mg/dL contro -29,8 mg/dL con il solo exenatide solo e contro -21,9 per il solo dapagliflozin), così come in quelli di glucosio postprandiale a 2 ore (-86,2 mg/dL contro -79,0 mg/dL contro -64,0 mg/dL, rispettivamente).

Come prevedibile con l’uso di un inibitore di SGLT-2, i pazienti in trattamento con dapagliflozin hanno riportato anche una perdita di peso che si è mantenuta a lungo termine, mentre non è stato lo stesso con exenatide.

I pazienti con il trattamento combinato hanno avuto un miglioramento della pressione arteriosa (-3,1 mm Hg) superiore rispetto a una monoterapia.

Effetti collaterali nella norma
Jabbour ha affermato che il trattamento di combinazione è ideale per i pazienti con diabete non controllato, con la HBA1c del 9% o superiore e in trattamento con la dose massima tollerata di metformina.

«La combinazione dei due farmaci può consentire una riduzione della HBA1c che si avvicina o raggiunge gli obiettivi delle linee guida ADA», ha affermato. «Se i pazienti dovessero fare resistenza, in alternativa questi agenti potrebbero essere aggiunti in sequenza anziché contemporaneamente».

Nel complesso, il trattamento combinato è stato ben tollerato senza problemi di sicurezza inaspettati, ha osservato Jabbour. Tra i gruppi di trattamento, le percentuali di eventi avversi erano simili. Anche se nessun paziente ha avuto episodi importanti di ipoglicemia nel corso dello studio, con l’associazione c'è stata una percentuale leggermente più alta, ma non significativa, di eventi minori (1,7% rispetto a 0% con exenatide da solo e 0,4% con dapagliflozin da solo).

8 commenti


EUREKA • Membro Ambasciatore
il 11/09/18

Certo @Renatag‍ ,con vero piacere , se' leggi attentamente trovi tutte le risposte, io personalmente ho risolto 7 Patologie senza un Grammo di nessun Farmaco.  Poi se ti fai un giretto sempre su Carenity , Trovi tantissimi miei post dove tratto vari argomenti e principalmente diabete. Credimi sei nel Posto "Forum" Giusto se' vuoi guarire 

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Ciao e Buona Lettura !  

N.B.  per qualsiasi domanda o info....  non esitare , abbonda ! Abbonda! 

By Eureka!


Baptiste
il 11/09/18

@EUREKA‍ Il nostro ambasciatore sempre qui per aiutare gli altri membri 

Ti ringrazio tanto 


EUREKA • Membro Ambasciatore
il 11/09/18

                              FARMACI ORALI PER IL DIABETE DI TIPO 2
L’attività fisica (basta una passeggiata per 30 minuti tutti i giorni) e la dieta (senza soffrire la fame e senza essere monotoni) erano, sono e resteranno i capisaldi nel trattamento del diabete.   A volte, sia per la maggiore severità della malattia, sia perché il paziente non segue le raccomandazioni sullo stile di vita, è indispensabile prendere dei farmaci. I più indicati per la cura del diabete mellito di tipo 2 sono gli ipoglicemizzanti orali, che devono però essere assunti solamente quando la terapia nutrizionale medica per il diabete non porta alcun beneficio osservabile dopo almeno tre mesi.

Di seguito una panoramica dei farmaci orali utilizzabili per la terapia del diabete di tipo 2 che devono sempre essere assunti su prescrizione e sotto il controllo del medico.  ( Sè possibile meglio evitarli )

Insulinosensibilizzanti

Farmaci che aumentano la capacità delle cellule dell’organismo (soprattutto nel fegato, nel muscolo e nel tessuto adiposo) di rispondere all’insulina prodotta dal pancreas. Questi farmaci non stimolano le cellule beta del pancreas a produrre insulina, piuttosto sensibilizzano i tessuti periferici diminuendo la gluconeogenesi epatica, oltre a potenziare la captazione periferica dello stesso. Il capostipite di questi farmaci è la metformina che è il farmaco di prima scelta per la cura del diabete tipo 2.  Idem il Farmaco slowmet da 500.

Metformina (es. Metforal, Glucophage): in genere, si inizia la terapia con una compressa da 500 mg, da assumere per bocca 2-3 volte al dì (o anche con dosi più basse, per evitare la diarrea, che può essere un effetto collaterale), dopo i pasti principali, senza superare i 2,5 g al dì. Sono reperibili anche compresse da 850 mg e da 1 g.
Glitazoni o tiazolidinedioni: anche questi farmaci diminuiscono la gluconeogenesi ed aumentano la sensibilità delle cellule all’insulina. Un effetto collaterale tipico è la ritenzione idrica. Contrariamente alla metformina, non favoriscono la perdita di peso. In Italia è disponibile il Pioglitazone (es. Actos, Glustin): all’inizio, si raccomanda di assumere piccole dosi (mezza compressa, equivalente a 15 mg) o una compressa intera al dì, in un’unica volta, con o senza cibo. La dose massima è 45 mg al dì.
Secretagoghi

Farmaci che stimolano il pancreas a produrre più insulina: bloccando i canali del potassio, questi farmaci favoriscono la depolarizzazione di membrana; l’entrata degli ioni calcio stimola le cellule beta del pancreas a produrre insulina. Si tratta di farmaci che possono causare ipoglicemia grave se utilizzati oltre le dosi prescritte dal medico.

Le SULFONILUREE trovano indicazione per il trattamento dei pazienti diabetici non obesi.

Gliclazide (es. Diabrezide, Diamicron): quando la dieta antidiabetica e l’esercizio fisico non sono sufficienti per garantire i giusti livelli glicemici nel sangue, questo farmaco risulta un valido aiuto per controllare la glicemia. Comunemente si assumono 2-3 compresse al giorno da 80 mg, ognuna mezz’ora prima dei pasti principali. Esiste ed è molto utilizzata anche una formulazione a rilascio prolungato, da somministrare una sola volta la giorno a dosi variabili da 30 a 120 mg.
Glibenclamide (es. Daonil, Euglucon): all’inizio della terapia antidiabetica, si raccomanda di assumere mezza compressa da 5 mg (corrispondente a 2,5 mg), prima del pasto principale. Se necessario la dose può essere aumentata; non superare le 2-3 compresse al dì (10-15 mg).
Glipizide (es. Minidiab): inizialmente, si raccomanda di assumere 2,5-5 mg al giorno, prima di colazione o del pranzo. Non superare i 15- 20 mg al giorno.
Gliquidone (es. Glurenor): in generale, la dose indicativa è compresa tra 30 mg (1 compressa) e 120 mg al dì.
Le GLINIDI (Repaglinide) sono molto simili alle sulfoniluree, ma sono state introdotte dopo sul mercato. Si differenziano dalle sulfoniluree essenzialmente per la loro breve durata di azione. Ad esempio Novonorm, Prandin, Enyglid.

Farmaci che inibiscono l’assorbimento del glucosio

L’acarbosio (Glucobay) è un farmaco che inibisce la digestione degli zuccheri nell’intestino, inibendo l’attività dell’enzima alfa-glucosidasi, e quindi ne riduce l’assorbimento. Va assunto prima dei pasti a dosi variabili da 50 a 300 mg al giorno. Il suo effetto collaterale più comune è il meteorismo.

Gliptine

Si tratta di farmaci antidiabetici di ultima generazione che agiscono bloccando la distruzione e quindi prolungando la vita del GLP-1 e del GIP, due ormoni prodotti nell’intestino e nello stomaco, che modulano i livelli di glucosio nel sangue agendo sul pancreas stimolando la secrezione di insulina e riducendo il rilascio di glucagone. I principali vantaggi di questi farmaci sono il fatto che non causano aumento di peso e, se usati da soli, non inducono ipoglicemia.

Sono presenti sul mercato sitagliptin, vildagliptin, saxagliptin, linagliptin e alogliptin, che si differenziano per durata di azione e vie di eliminazione dall’organismo.

Esistono poi sul mercato farmaci iniettabili, non orali, che hanno la stessa azione del GLP-1 ma una durata di azione più prolungata, gli agonisti del recettore del GLP-1 o analoghi del GLP-1 (exenatide, liraglutide lixisenatide). Anche questi farmaci agiscono sul pancreas stimolando la secrezione di insulina e riducendo il rilascio di glucagone e rallentano lo svuotamento gastrico; se usati da soli o associati ad insulino-sensibilizzanti, non inducono ipoglicemia e favoriscono la perdita di peso.

Inibitori del cotrasportatore SGLT2

Sono gli ultimi ipoglicemizzanti orali introdotti in commercio. Bloccano un trasportatore che riassorbe glucosio nel rene e quindi abbassano la glicemia favorendo la eliminazione del glucosio. Hanno un azione favorevole sulla perdita di peso. Appartengono a questa classe: canagliflozin, dapagliflozin, empagliflozin.

Associazioni di ipoglicemizzanti orali

Esistono associazioni di due ipoglicemizzanti orali nella stessa preparazione farmaceutica. Quando entrambi i farmaci sono necessari semplificano l’assunzione della terapia.

Fonte: diabete

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