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Percezione di sé - Odiate riascoltare la vostra voce registrata? Il motivo è scientifico

Pubblicata il 24 ott 2016

Percezione di sé - Odiate riascoltare la vostra voce registrata? Il motivo è scientifico

A noi giunge più profonda di quanto sia perché arriva dall’interno e anche i registratori vocali la modificano. Come allo specchio, che ci abitua a vederci all’inverso.

«Ma davvero parlo in questo modo? Oddio, è orribile!». Se anche a voi è capitato di esclamare così sentendo la vostra voce registrata, siete in buona compagnia. Vari studi hanno, infatti, affermato che circa il 95% delle persone trova sgradevole la propria voce quando proviene da un recorder. Troppo grave, troppo nasale, troppo acuta, troppo infantile. Comunque sia, la realtà è che la voce che udiamo quando parliamo è diversa da quella che sentono gli altri.

A noi sembra più profonda di quanto sia in realtà

Una ragione scientifica è alla base di questa differenza. Quando sentiamo la voce altrui o la nostra registrata, i suoni arrivano alle orecchie solo tramite la conduzione aerea, ovvero attraverso l’aria. In tale caso, raggiungono prima l’orecchio esterno e poi il timpano (una sottile membrana semitrasparente che fa parte dell’orecchio medio), facendolo vibrare. Queste vibrazioni passano attraverso l’orecchio interno, che le trasmette al cervello. Quando parliamo, invece, non udiamo la nostra voce solo attraverso questo canale, ma anche tramite la cosiddetta conduzione ossea. Le vibrazioni delle corde vocali raggiungono l’orecchio interno attraverso le ossa del cranio. Le onde sonore assumono frequenze diverse attraversando l’aria oppure un mezzo solido: in particolare, le basse frequenze vengono trasmesse con più efficacia dalle ossa craniche rispetto all’aria ed è per questo che quando parliamo la nostra voce ci sembra più profonda (e quindi più gradevole) di quanto sia in realtà.

Meglio allo specchio che in fotografia

Inoltre, un registratore altera la voce, anche se in maniera minima. Durante le registrazione, infatti, il suono viene “tradotto” da onde sonore meccano-elastiche (cioè vibrazioni) a onde elettromagnetiche (cioè segnali elettrici), mentre per l’ascolto avviene il processo inverso: così la voce che esce da questi passaggi non è mai perfettamente identica all’originale. Voce, quindi, ma non solo. A volte capita di sussultare («Ma sono così brutto? Non mi riconosco!») anche davanti alla propria immagine immortalata in una fotografia, che ci ritrae dall’esterno. La spiegazione è semplice: la maggior parte delle volte ci si guarda grazie a uno specchio o a un’altra superficie riflettente, che rimandano immagini speculari rispetto alla realtà; e poiché la maggior parte dei volti (e dei corpi) è piuttosto asimmetrica (a un’accurata osservazione), una foto può in alcuni casi sembrare in stridente contrasto con la nostra quotidiana percezione. «Ci vediamo allo specchio tutti i giorni, per lavarci i denti, farci la barba, pettinarci e truccarci - spiega la psicologa Pamela Rutledge, direttore del Psychology Research Center.- Così quell’immagine risulta familiare. E la familiarità genera simpatia. Nelle fotografie, invece, il nostro cervello ci percepisce da un punto di vista a cui non siamo abituati. E questo ci mette a disagio».

Corriere.it

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