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Prevenzione, cereali integrali toccasana per la salute anche contro i tumori

Pubblicata il 27 giu 2016

Prevenzione, cereali integrali toccasana per la salute anche contro i tumori

Due studi recenti rilanciano i benefici di questi alimenti che riducono il rischio di disturbi cardiovascolari e malattie respiratorie, ma anche di diabete e di altre patologie croniche.

A distanza di pochi giorni una dall'altra due riviste prestigiose, Circulation e British Medical Journal (BMJ), pubblicano due studi ‘gemelli’ sui benefici che il consumo di cereali integrali comportano per la salute, riducendo in particolare il rischio di ammalarsi e di morire di malattie cardiovascolari e di tumori, ma anche di diabete, di malattie respiratorie e di altre patologie croniche.

Mortalità per tutte le cause ridotta del 16%. Lo studio pubblicato su Circulation, firmato da Geng Zong e i colleghi del dipartimento di nutrizione della T.H. Chan School of Public Health di Harvard, è una metanalisi che ha analizzato i risultati di 14 studi comprendenti oltre 786 mila pazienti. Il lavoro evidenzia la presenza di una relazione inversa tra consumo di cereali integrali e mortalità sia totale, che per singole patologie. In particolare, secondo i risultati di questa metanalisi, chi consuma più cereali integrali presenta una riduzione del 16% della mortalità per tutte le cause, il 18% in meno di mortalità cardiovascolare e il 12% in meno di quella per tumori. Secondo gli autori questi risultati confermano i consigli delle attuali linee guida sull’alimentazione americane che suggeriscono di consumare almeno tre porzioni di cereali integrali al giorno.

Novanta grammi al giorno. Anche lo studio pubblicato da British Medical Journal è una metanalisi, questa volta di 45 studi (20 dall’Europa, 16 dagli USA e 9 dall’Asia, per un totale di oltre 700 mila partecipanti). Firmato da ricercatori dell’Università di Harvard, dell’Imperial College di Londra e di altre università americane e norvegesi, questo lavoro è andato ad esaminare l’impatto sulla salute derivante dal consumo di 90 grammi al giorno (analisi dose-risposta) di cereali integrali (in pratica l’equivalente di tre porzioni, ad esempio due fette di pane e una scodella di cereali oppure di un pezzo di pane arabo o ‘pita’ di farina integrale). E’ stato inoltre valutato il diverso impatto su malattie e mortalità, confrontando tra loro i grandi consumatori di cereali integrali, rispetto ai non amanti del genere. Gli studi analizzati hanno dimostrato che i grandi consumatori di cibo integrale presentano una ridotta incidenza di mortalità per malattie delle coronarie (-35%), ictus (-15%) e tumori (-11%). Risulta ridotta inoltre del 36% la mortalità per diabete e del 19% quella per malattie respiratorie. Chi consuma regolarmente 90 grammi di cereali integrali al giorno (l’equivalente di 3 porzioni), secondo questa metanalisi, riduce il proprio rischio di mortalità cardiovascolare del 29% e di mortalità per tumori del 15%. Nettamente ridotta anche la mortalità per diabete (- 51%) e quella per malattie respiratorie (- 22%). Anche in questo caso gli autori ritengono che questi risultati confermino l’appropriatezza delle raccomandazioni contenute nelle linee guida dietetiche e invitano tutti ad aumentare il consumo di cereali integrali per ridurre il rischio di patologie croniche e di mortalità prematura.

Proprietà nutritive. I cereali rappresentano un caposaldo dell’alimentazione, trasversale a tutte le culture e forniscono il 56% dell’energia e il 50% delle proteine giornaliere. Il loro consumo è raccomandato da tutte le linee guida dietetiche. Negli ultimi tempi sono sempre più numerosi gli studi che indicano un beneficio importante per la salute derivante dal loro consumo nella ‘versione’ integrale, quella cioè che contiene anche la crusca e il germe, oltre all’endosperma che è l’unica parte conservata nelle farine cosiddette raffinate. Rimuovere la parte esterna dei cereali significa privarli di una serie di sostanze benefiche per la salute, quali fibre, vitamine del gruppo B, ferro, magnesio e zinco. A sua volta il ‘germe’ contiene antiossidanti, vitamina E, vitamine del gruppo B. L’endosperma contiene invece solo proteine e  carboidrati (quindi calorie), quelli che si ritrovano appunto nelle farine raffinate.

Le linee guida mondiali. Il World Cancer Research Fund già nel 2007 raccomandava di mangiare cereali relativamente poco processati e/o legumi ad ogni pasto. Gli inglesi nelle loro raccomandazioni sono più vaghi e si limitano al consiglio di consumare ‘il più spesso possibile’ cereali integrali e alimenti ricchi di fibre, senza precisarne le quantità. Per gli americani il consiglio delle linee guida è di consumare almeno la metà dei cereali nella versione ‘integrale’, mentre gli Scandinavi raccomandano espressamente di assumere almeno 75 grammi al giorno di cereali integrali (peso secco), l’equivalente di 250 grammi al giorno (otto porzioni) di prodotti a base di cereali integrali. Interessanti i risultati della Danimarca dove in 10 anni è raddoppiato il consumo di cereali integrali; frutto questo di uno sforzo congiunto di industria alimentare, governo e organizzazioni non governative. La Danish Whole Grain Partnership - ricordano in un editoriale sul BMJ Cecilie Kyrø e Anne Tjønneland del Danish Cancer Society Research Cancer – ha definito degli standard di prodotto per assicurare che gli alimenti con il logo ‘cereali integrali’ contengano un minimo stabilito di cereali integrali e non superino un tetto massimo di zuccheri aggiunti e sale.

Perché i cereali integrali proteggono la salute. Una serie di studi hanno dimostrato che i cereali integrali riducono il rischio di obesità e di diabete, due noti fattori di rischio per malattie cardiovascolari, tumori e mortalità. Le fibre assunte con la dieta in particolare possono ridurre il rischio di tumore, rimuovendo le cellule danneggiate dal tratto digerente, aumentando il volume e riducendo il tempo di transito delle feci, diluendo le sostanze cancerogene, influenzando la flora batterica (microbioma) intestinale, riducendo la concentrazione degli estrogeni. “Almeno il 30% dei tumori è riconducibile ad alterate abitudini alimentari e dello stile di vita", afferma il professor Saverio Cinieri, direttore oncologia medica e breast unit Brindisi, tesoriere nazionale Aiom.

"Questi dati - prosegue Cinieri - vengono sempre più evidenziati dagli studi retrospettivi ma in parte anche da piccoli studi prospettici. Il nostro gruppo ad esempio ha di recente pubblicato uno studio su 500 pazienti affette da cancro della mammella in terapia adiuvante delle quali abbiamo monitorato il peso per circa 2 anni; è stato così possibile dimostrare che le pazienti che mostrano un aumento di peso di 6 Kg sono a maggior rischio di recidiva di cancro della mammella. Un altro studio di recente pubblicato su Pediatrics dimostra che un congruo consumo di frutta e verdura (almeno 1 frutto e 30 grammi di verdura cotta al giorno) nelle ragazze delle scuole medie superiori diminuisce del 20% il rischio di cancro della mammella prima della menopausa. Come Aiom stiamo raccogliendo dati per un progetto di valutazione sul rapporto tra incremento di peso durante la terapia e aumento del rischio di recidive di cancro della prostata. Tutto ciò - conclude Cinieri - ci conferma che l’obesità è un fattore di rischio anche per il cancro. L'ASCO ha da tempo pubblicato delle norme per una corretta alimentazione e anche l’Aiom sta portando avanti un progetto su questo argomento.”

L'importanza dell'alimentazione. L'alimentazione insomma influisce in maniera importante sul rischio di tumore, come anche un consumo sconsiderato di alcol e il fumo di sigaretta. Negli ultimi anni è emerso da una serie di studi che un consumo esagerato di farine raffinate si correla ad un aumentato rischio di tumore del colon, della mammella e della prostata. “Noi consigliamo ai nostri pazienti - afferma Cinieri - di privilegiare il consumo di cereali e farine non raffinate, scegliendo quelli più vicini a quanto ‘prodotto’ dalla natura”. Un ‘consiglio’ recepito di recente anche dall’industria alimentare, che ha affiancato alle linee classiche di pasta, delle nuove proposte 'biologiche’, con farine integrali. Questi alimenti trovano tra l’altro una loro collocazione anche nelle diete per perdere peso. “Aumentare il consumo di cibi integrali  - conclude Cinieri - potrebbe dunque proteggere dal cancro del colon e da neoplasie con una corrispondenza endocrina come il tumore della mammella e della prostata, tra le più frequenti nei paesi occidentali”.

I numeri delle malattie. Malattie cardiovascolari e tumori sono le due principali cause di morte in tutto il mondo (nel 2013 hanno causato 25,5 milioni di decessi). Qualsiasi tipo di intervento che riesca a ridurne l’impatto, avrebbe enormi implicazioni di salute pubblica. E gli studi appena pubblicati dimostrano che si può fare molto, da subito, anche solo modificando le proprie abitudini a tavola e nel fare la spesa al supermercato.

Repubblica.it

4 commenti


giupipino
il 27/06/16

Questo articolo è importantissimo, perché pone l'accento sulla assunzione di cereali integrali. In realtà, per prevenire il cancro e il diabete, occorre assumere non solo cereali integrali (e quindi pane e pasta integrali, pasta di farro, di orzo o di avena), ma anche LEGUMI di tutti i tipi (soprattutto fagioli, lenticchie, fave, lupini. Ma non i ceci, i quali sono privi di buccia e quindi di fibre). Sia i cereali integrali che i legumi sono infatti ricchi di FIBRE, e sono queste a prevenire il tumore e il diabete. Le fibre infatti formano una massa nell'intestino che assorbe  le tossine ivi presenti, rallenta il passaggio del cibo nello stomaco evitando così i picchi glicemici, e serve da nutrimento alla flora intestinale che è importantissima per la salute perché produce diverse vitamine essenziali. E ci consente una evacuazione regolare evitando che l'organismo venga intossicato dalle tossine come accade in caso di stitichezza prolungata.


Francesco_R
il 28/06/16

Ciao @giupipino come sempre grazie per i tuoi interventi, cosi' ricchi di spunti. Sono ovviamente d'accordo su tutto quello che dici, salvo un punto: i ceci. Non sono un esperto, ma anche i ceci hanno la buccia. Quando li cucino (a me personalmente piacciono tantissimo, forsi anche di più degli altri legumi) trovo sempre delle scorze bianche trasparenti che si staccano. Qui trovi un articolo (che non c'entra molto) che parla solo di buccia di ceci. Detto questo, è vero chel'apporto di fibre dei ceci è inferiore di quello di fave o fagioli (intorno al 13%), ma è comunque un apporto nobile e prezioso (e molto vicino a quello delle lenticchie). Almeno stando alle fonti che ho potuto controllare online. Se poi hai constatato un effetto negativo sulla tua glicemia, non voglio convincerti del contrario, ma solo invitarti ad approfondire questo punto. Un saluto, Francesco


giupipino
il 29/06/16

Ciao Francesco_R,
Capisco benissimo la tua passione per i ceci, dal momento che era condivisa da me prima che mi accorgessi del fatto che mi alzavano in modo impressionante la glicemia (dal valore solito di 115 ca. al valore di 150 e più). Ciò non mi accade con i fagiolini, le fave o le lenticchie. Addirittura quando ceno con lenticchie o con fagiolini neri la mattina mi trovo con una glicemia inferiore a quella solita.

Ho cercato di trovare una spiegazione a questo fatto e mi sembra la seguente:

Le fibre si dividono in SOLUBILI e INSOLUBILI. Le fibre solubili (betaglucani, pectine, inulina, olisaccaridi) sono quelle che si sciolgono in acqua. La loro caratteristica è quella di assorbire acqua già nello stomaco aumentando fino a 100 volte il loro volume e di fermentare nell'intestino nutrendo la flora batterica buona e le cellule che compongono l'epitelio intestinale. Le fibre solubili, una volta assorbita l'acqua si trasformano in una sostanza gelatinosa che modifica le caratteristiche di assorbimento degli alimenti. Difatti le fibre si legano agli acidi biliari e diminuiscono così l'assorbimento degli acidi grassi (riduzione di colesterolo nel sangue). Inoltre rallentano l'avanzamento del chimo alimentare incrementando il tempo di contatto con gli enzimi digestivi. Si migliora così l'assimilazione di nutrienti quali vitamine e sali naturali (i villi hanno più tempo per assimilarli). Si abbassa inoltre il picco glicemico dato che aumenta il tempo di assorbimento del glucosio.

Le fibre insolubili sono composte da cellulosa e cere. Tali tipi di fibre non sono digerite e quindi non apportano sostanze nutritive, né risultano utili per la produzione di vitamine endogene. L'unico loro scopo è quello di aumentare la velocità di transito del chimo alimentare, risultando utili in caso di stipsi.

Troppe fibre insolubili non sono auspicabili in quanto una eccessiva velocità di transito del bolo alimentare comporta un peggioramento della digeribilità dei cibi.

Bene,  ceci, fagioli, fave e piselli hanno una COMPOSIZIONE molto diversa di tali fibre, risultando quella che segue:

ceci: fibre solubili   8%   fibre insolubili 92 %

fagioli:                 30%                       70%

fave                     34%                       66%     

piselli                   50%                       50%

Inoltre la quantità complessiva di fibre (per 100 grammi) è maggiore in fagioli (10,5), fave (7,3) , piselli (11,4) rispetto ai ceci (2,9).

Non so se il ragionamento precedente è corretto. Tuttavia mi auguro che coloro che soffrono di diabete 2, e che hanno l'abitudine di misurarsi quotidianamente la glicemia, vogliano verificare direttamente l'effetto dei diversi legumi sulla loro glicemia, tenendo presente che in ogni caso un apporto regolare di legumi alla dieta del diabetico è essenziale.


Francesco_R
il 04/07/16

Ciao @giupipino grazie, non so dirti se se quanto riportato è esatto, anche perché la quantità di fibre complessiva per 100 grammi nei ceci varia molto tra le varie fonti che ho consultato. Effettivamente come dici la cosa più interessante sarebbe sapere se altri diabetici hanno riscontrato lo stesso effetto, lascio i membri a questo punto intervenire, buona giornata

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