Testimonianza foto: continuare a sperare nonostante la poliartrite reumatoide deformante
Pubblicata il 14 mar 2019 • Da Louise Bollecker
La testimonianza di Virginie
Continuare a sperare nonostante gli effetti secondari dei trattamenti contro la poliartrite reumatoide
Poco dopo la nascita del mio terzo bambino, ho cominciato a sentire dolori al livello delle articolazioni. La gente mi diceva che fosse normale dopo un parto, oltre ad avere tre bambini da gestire, una casa, un lavoro. Dopo diverse discussioni con il mio medico generico ed una serie di esami, il verdetto è arrivato: « Signora, Lei soffre della poliartrite reumatoide deformante ».
La speranza della diagnosi
Bello, potevo infine porre un nome su questa condizione invisibile e la quale, quindi, non è capita dai miei cari perché il dolore non si vede. I trattamenti si sono seguiti per provare a diminuire questo dolore ma invano.
Un giorno, il mio reumatologo mi prescrive un trattamento detto biologico, quale bella parola per nascondere il fatto che vi viene somministrata ogni mese una molecola usata in oncologia. Questo trattamento ti permette di muovere un po’ di più e di rallentare lo sviluppo di questa malattia.
Gli effetti secondari del trattamento biologico
Ma nessuno ti avvisa degli effetti indesiderati: perdita dei capelli, nausea... La cortisone diminuisce l’infiammazione e rende i dolori sopportabili ma ti da delle forme supplementari: buongiorno l’aumento di peso. È difficile vedere il suo corpo cambiare, ammettere che fisicamente, sono ridotta. È difficile durante la mattina quando la mente ti dice « ci alziamo » e il tuo corpo ti dice « mah...no ».
Mi sento a volte umiliata e talmente incompresa dai miei cari che non conoscono questo dolore, così intenso giorno e notte.
Continuare a sperare nonostante la poliartrite reumatoide deformante
Cerco di trovare un lato positivo: un giorno con un dolore sopportabile è un bel giorno. Cerco di non scoraggiarmi e di continuare a sperare, ci sono giorni migliori.
E durante questi giorni migliori, provo ad essere una mamma normale, una mamma che non ha male e che riesce a fare attività con i suoi bambini anche se so bene che il giorno dopo sarà un vero problema.
Approfitto di ogni momento positivo e mi dico ogni giorno « Carpe Diem ».
Questa testimonianza fa parte del progetto di laurea di Gaëlle Regnier, studentessa di fotografia presso la Scuola di Fotografia e Tecniche visive Agnès Varda di Bruxelles. Ha scelto il dolore cronico come tema di questo reportage fotografico per evidenziare i pazienti e la loro lotta.
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Carenity
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